Ayahuasca:
la medicina dell'anima.
Viaggio ed
esperienze tra gli sciamani Shipibo-Conibo del Perù.
Bruno Severi
I pensieri muoiono nel momento in cui si
materializzano in parole (A. Schopenhauer)
Introduzione
Questo
articolo vorrebbe rappresentare la continuazione ideale del
pregevole lavoro del Dr. Antonio Bianchi comparso sul secondo
volume del 1994 dei Quaderni di Parapsicologia. Per tale ragione
non mi soffermo su quegli argomenti che sono già stati trattati
dal Dr. Bianchi, alla cui opera rimando il lettore che volesse
saperne di più (Nota 1). Bastino queste poche informazioni
preliminari.
In
quell'articolo il Dr. Bianchi illustrava le singolari proprietà
di una droga allucinogena, l'ayahuasca, derivata da una liana
diffusa in tutta la foresta amazzonica. Leggendo l'articolo,
l'aspetto che mi era parso più rilevante è che l'ayahuasca viene
estratta da una pianta considerata una "pianta-maestro". Dietro
questa definizione si cela la supposta capacità dello spirito
della pianta di dare agli sciamani della foresta insegnamenti di
vario genere, da quelli di ordine pratico (come guarire le
persone ammalate, come ritrovare oggetti smarriti o rubati, come
fare una buona caccia, ecc.), a quelli che permettono allo
sciamano ed ai suoi discepoli di ottenere una emancipazione
spirituale. Il mio interesse si è subito focalizzato
principalmente su due punti: 1) verificare se veramente dietro
alla pianta dell' ayahuasca si cela un "maestro", o alcunché di
equivalente, e 2) di capire, in caso affermativo del punto
precedente, in che modo possano mai gli insegnamenti essere
trasmessi ai discepoli. Non restava altro che fare le valige,
partire per la foresta amazzonica e bere l'ayahuasca. E così
feci. Ho trascorso l'intero mese di ottobre del 1994 a Pucallpa,
cittadina nel cuore della foresta amazzonica peruviana, in
compagnia del sopracitato Dr. Antonio Bianchi e di altri due
amici ugualmente interessati a queste cose: Luigi e Fabio. Ci
siamo spostati anche lungo il fiume Ucayali sino alla cittadina
di Atalaya, visitando diversi villaggi e, quando presenti,
contattando gli sciamani e bevendo con essi l'ayahuasca.
La
conoscenza che il Dr. Bianchi aveva sia della ambiente
amazzonico, che di alcuni sciamani che utilizzano l'ayahuasca,
ha reso notevolmente più facile affrontare questa difficile
esperienza. Esperienza che, tuttavia, non è stata per niente
immune da pericoli, fatiche e delusioni di vario genere e sui
quali non desidero soffermarmi.
I
preliminari
Dopo
quasi un mese di permanenza in Perù e dopo almeno 9-10 sedute
nel corso delle quali abbiamo bevuto l'ayahuasca, non ero per
niente soddisfatto. L'effetto dell'ayahuasca su di me era sempre
stato al di sotto delle aspettative e, comunque, decisamente
inferiore a quello ottenuto dai miei tre amici. Ci sono state
sedute interamente negative, accanto ad altre caratterizzate
dalla presenza di visioni più o meno sempre uguali e prive,
apparentemente, di qualsiasi significato. Avevo provato già con
cinque sciamani diversi senza notare alcuna differenza
sostanziale, tranne che in una sola e limitata occasione. Don
Pedro (il nome è stato cambiato), lo sciamano Shipibo di
Pucallpa col quale avevo avuto precedentemente cinque sedute e
che sembrava essersi preso maggiormente a cuore le nostre
istanze, si era dimostrato incapace a togliermi quel blocco che
lui sosteneva di avere individuato in me (mi ha parlato di un
soffio, di una corrente d'aria nel mio corpo, o di uno spirito
che impediva alle visioni di raggiungere la testa). Anche il suo
comportamento si era fatto estremamente antipatico e deludente.
Alla iniziale cortesia e disponibilità, si era sostituito un
atteggiamento che non riuscivo ad accettare. Aveva cominciato a
chiedere, senza alcuna giustificazione, soldi ed altri regali
con una faccia tosta che non ci saremmo aspettati da lui. Per
queste ragioni, oltre che per lo sconforto che già avevo,
associate al fatto che la nostra permanenza in Perù stava
esaurendosi, avevo deciso di troncare definitivamente con lui.
Volevo provare, come ultima volta, con un altro sciamano, don
Laurencio, che godeva fama di provocare esperienze con
l'ayahuasca molto più profonde e decise (forse anche troppo, da
quello che ho sentito in giro). "O la va, o la spacca!", come si
dice quando si è decisi a tutto. I miei amici mi hanno a fatica
persuaso a fare un ultimo tentativo con don Pedro. Ho accettato
con tantissime riserve e senza alcun interesse. Quella che segue
è la relazione di questa seduta che ho scritto al mio risveglio
il mattino seguente.
Resoconto
Pucallpa,
25 ottobre 1994. Alle ore 20,30, Antonio, Fabio ed io abbiamo
raggiunto l'abitazione di don Pedro alla estrema periferia di
Yarinacocha, villaggio distante pochi chilometri da Pucallpa. Ci
sono, nella veste di curanderos, anche don Emanuel, sciamano
probabilmente Muraya (il massimo grado della gerarchia
sciamanica), un altro sciamano parente di don Pedro, più un
apprendista sciamano. C'è anche una nutrita schiera di pazienti
(dalle 20 alle 30 persone) tra indigeni e meticci venuti a farsi
diagnosticare i propri malanni e sfortune e a farsi prescrivere
la relativa terapia: il tutto viene comunicato agli sciamani
dagli spiriti che si rivelano attraverso l'ingestione
dell'ayahuasca. Sono infine presenti alcuni bambini ammalati, in
genere molto piccoli e per lo più dormienti tra le braccia dei
genitori.
Don Pedro è
già seduto al suo solito posto al centro di uno dei lati
maggiori della
capanna ed ha accanto a sé gli altri sciamani.
Tutti gli altri sono stipati nel rimanente spazio sotto la
capanna, ed anche fuori. Questa ha forma rettangolare, di circa
8 metri per 4, ed è formata da un tetto di foglie di palma
sostenuto da pali di legno. Non ci sono pareti laterali. E'
posta accanto alla abitazione di don Pedro, in uno spiazzo
circondato da orti. La gente sta sdraiata o seduta per terra,
gomito a gomito. Pian piano i convenuti abbassano il tono della
voce e le varie conversazioni si attenuano. Sono circa le ore 21
quando don Pedro inizia il canto (icaro) che serve a
richiamare lo spirito della "pianta-madre" dell'ayahuasca. Ad un
certo punto mi chiama e mi ordina di soffiare alcune volte all'
interno di un bicchiere pieno a metà di ayahuasca e di bere un
sorso ma, se volevo, aggiunge, potevo berne di più. Procedura
insolita, riservata solo a me ed a Fabio. Bevo a fatica l'intero
contenuto dal sapore orrendo ed amarissimo. Dopo di me chiama a
bere, uno alla volta, Fabio, Antonio, gli altri sciamani e due o
tre pazienti accompagnando la mescita con icari
identici. Per ultimo beve lui stesso. La luce viene poi spenta e
ciascuno raccoglie in un silenzio interiore i propri pensieri e
le proprie speranze: di guarire, di risolvere i più svariati
problemi esistenziali, di avere visioni illuminanti, o si pone
in semplice attesa che qualcosa di indefinito succeda. Dopo
20-30 minuti, mentre sono sdraiato per terra e con gli occhi
chiusi, sento una pressione alla tempia destra oltre ad un senso
di freddo che mi sale dai piedi. Queste sensazioni, che anche
nelle precedenti sedute hanno preceduto il comparire degli
effetti dell'ayahuasca, sono di lì a poco seguite da numerose
visioni geometriche, vorticose, intense, sotto forma di onde di
tantissimi colori che si sovrappongono o si succedono l'una
all'altra come in un caleidoscopio. Mi accorgo che l'intensità
delle visioni è accresciuta dagli icari che gli
sciamani cantano contemporaneamente e ciascuno per proprio
conto. In questa fase questi canti servono a far favorire la
discesa dello spirito della pianta sul paziente che ciascun
sciamano ha fatto sedere davanti a sé. Le visioni arrivano ad
ondate e nei momenti di maggiore intensità mi trascinano in uno
stato di semincoscienza. Di lì a poco perdo quasi ogni contatto
con la realtà circostante e con la cognizione del tempo. Mi
sembra di essere al centro di un vortice di onde e di colori che
mi trascina vertiginosamente in mille direzioni. Cerco di
controllare un fastidioso stimolo a vomitare. Mi si alternano,
facendomi soffrire molto, un senso di grande calore e un senso
di freddo intenso, per cui mi scopro e mi ricopro in
continuazione con il sacco a pelo su cui sono sdraiato.
Percepisco dapprima vagamente, in seguito con maggiore e
crescente intensità (o intuisco), la presenza di una guida che
identifico con, o intuisco essere, don Pedro. Se esprimo un
desiderio o un' intenzione, essi falliscono quasi subito.
Infatti mi accorgo di essere sempre più, man mano che il tempo
passa, in balia della guida che fa di me quello che vuole e mi
trascina lentamente da qualche parte o verso qualche esperienza
sconosciuta infischiandosene dei miei desideri e timori. Ho
paura e cerco di oppormi a farmi trascinare chissà dove, non
sono sicuro che finirò bene. Il mio smarrimento e la mia paura
ad un certo punto si trasformano in panico vero e proprio,
specialmente quando mi sento solo. Infatti, le persone accanto a
me sembrano statue morte, incapaci di portarmi aiuto. La
percezione della presenza della guida è sempre e solo una
impressione, a volte vaga e che talora perdo quando cerco di non
abbandonarmi completamente per timore che dietro ad essa non ci
sia veramente don Pedro, ma qualche cos'altro che vuole la mia
rovina. Se apro gli occhi per prendere maggiore contatto con la
realtà normale, vedo solo forme indefinite e scure sovrastate
dalle solite visioni colorate in veloce movimento. Il mio senso
di solitudine e di paura aumenta in modo vertiginoso e per un
po' mi dà sollievo trovare e stringere una funicella del mio
zaino che era nei pressi, a portata di mano. E' l'ultimo punto
di contatto con la realtà normale. Ma subito dopo vengo
trascinato via e mi perdo di nuovo. Ho momenti di maggiore
lucidità alternati a momenti di quasi o totale perdita della
normale coscienza. Nei momenti lucidi intuisco che gli
icari
servono a dirigere la forza della pianta, o quella dello
sciamano, dentro di me. La potenziano anche. Ad un punto
indefinito di questa situazione intuisco che presto vomiterò.
Perciò mi alzo e, barcollando, esco dalla capanna; finisco anche
con il piede nudo in un piccolo fosso melmoso. Sento una forza
che mi dirige (o trascina) in certe direzioni ed io mi lascio
guidare. Non vedo distintamente le cose che mi circondano, però
mi sembra di intravedere un albero e intuisco che è proprio lì
che debbo vomitare. Mi avvicino e cerco di toccarlo non sicuro
che ci sia realmente. Lo sento, mi appoggio con una mano e
vomito. Finito questo, mi guardo attorno e sento gli
icari
provenire da una direzione abbastanza definita. Ma non vedo la
capanna. Mi giro verso tutte le direzioni e vedo sempre lo
stesso quadro indistinto e scuro. Rimango appoggiato per un po'
all'albero (non so quanto). Le visioni mi tornano, ho paura, non
so dove andare e se sono in grado di muovermi, vorrei aiuto, non
so che fare. Sento qualcosa che mi spinge a sedermi per terra.
Dopo non so quanto tempo mi sdraio completamente. Ho una paura
tremenda di non potere più uscire da quella condizione, di
perdermi e di non potere prendere l'aereo per tornare in Italia.
Arrivo al punto in cui credo di stare per morire. Infatti le mie
forze sono allo stremo e si rivelano impotenti a fronteggiare
una situazione così devastante e tragica. La morte, ad un certo
punto e all'improvviso, non mi fa più paura, mi sembra una cosa
del tutto normale e accetto tranquillamente l'eventualità di
morire in quello stesso momento. La vedo accanto a me, posso
quasi toccarla tanto la percepisco reale. E non mi sembra così
brutta, anzi, nella sua indifferenza di ghiaccio mostra di avere
un suo fascino ed una sua logica in rapporto a quel mio momento
particolare. Non oppongo resistenza, sono pronto a seguirla.
Traggo un
insperato sollievo quando Sonia, la nuora di don Pedro ed ella
stessa apprendista sciamana, inviata da don Pedro giunge in mio
soccorso, mi parla e mi chiede come sto. Rimane in ginocchio
accanto a me per non so quanto tempo. Le visioni ed il mio
smarrimento a tratti sembrano toccare il limite massimo ma,
aprendo gli occhi e vedendo ancora Sonia, mi rincuoro. Per un
paio di volte la vedo trasfigurarsi contro lo sfondo scuro della
notte in un vecchio sciamano vestito di pelli. Ha il viso
incartapecorito e coperto di fango o di cenere ed i capelli sono
lunghi ed arruffati. Forse guarda nella mia direzione, ma con
distacco e indifferenza. Sembra in meditazione. Arriva anche don
Pedro che mi soffia l'Agua Florida (un profumo rituale) sul capo
e sulle mani giunte. Sonia mi porge un fiore secco invitandomi
ad odorarlo. Ha un profumo molto intenso che mi dà energia. Con
il fiore in mano e con l'aiuto di Sonia, barcollando ed
inciampando più volte, raggiungo il mio posto nella capanna.
Guardo verso don Pedro e vedo tanti don Pedro quante sono le
persone presenti alla seduta. In seguito le riconosco una ad una
e sento che sono presenze amiche e che anche nel loro silenzio
ed immobilità emanano solidarietà per la mia difficile
situazione. In questi momenti in particolare sento che l'icaro
che sto ascoltando è quanto di più appropriato ci sia a
sostenere ed a sviluppare la trasformazione che sento avvenire
dentro di me. Mi sembra anche che dietro a tutta questa mia
esperienza ci sia sempre don Pedro. La mia coscienza appare
ancora abbastanza vigile, anche se talvolta la sento come
sospesa a mezz'aria.
Ho una
gran sete. C'è è una borraccia con dell'acqua sul tavolo accanto
a me, quasi a portata di mano. Capisco che non riuscirei a
prenderla e lascio perdere.
Sento che
negli icari, tra loro sovrapposti e indirizzati ai
pazienti, c'è è una componente rivolta a me. Essa mi sembra
ricca di insegnamenti e comprendo che mi proviene in un qualche
modo da don Pedro. Le visioni sono più controllate, mi sento
leggermente meglio, sono più tranquillo e mi abbandono con
crescente fiducia alla guida interiore che identifico con quasi
assoluta certezza con don Pedro. Le visioni e gli icari
mi stanno ora insegnando qualcosa, in modo chiaro, tranquillo. E
lo fanno in modo ripetuto, tornando come ad ondate a ripropormi
gli stessi tipi di insegnamento. Per prima cosa mi viene
insegnato (non chiedetemi come - comunque intuisco, capisco,
talvolta mi sembra di vedere) ad eliminare ogni desiderio e
volizione. Ogni volta che esprimo un desiderio o l'intenzione di
fare o pensare a qualcosa, intuitivamente mi viene fatto notare
che il pensiero appena formulato contiene il verbo volere o un
altro verbo similare ed io subito cerco di cancellarlo. Mi
riesce abbastanza bene, probabilmente perché sono aiutato.
Poi mi
viene insegnato a concentrarmi e a pormi in una condizione di
meditazione. Ma qui i miei ricordi sono vaghi. Segue un'altra
fase in cui si cerca di farmi cancellare il senso dell'io. Anche
in questo caso, quando formulo dei pensieri personalizzati, vale
a dire dei pensieri il cui soggetto sono io o è in qualche
misura legato a me, mi viene fatta notare la cosa ed io cerco di
rimediare o eliminando l'intero pensiero, o modificando quella
parte di esso dove compare la mia presenza. Ad un certo punto
capisco, o intuisco, che occorrerebbe far sparire ogni verbo dal
linguaggio della mente per raggiungere uno stato di perfetta
assenza dell'io che, a tratti, mi sembra di realizzare. Questi
processi sono ripetuti più volte ed ogni volta provo meno sforzo
e difficoltà ad apprendere quanto mi viene insegnato. Sono
processi che sperimento visivamente sotto forma di cerchi
concentrici che si fanno sempre più piccoli sino a ridursi ad un
punto. Quando ho realizzato la cancellazione del mio io, mi sono
visto, o ho visto qualche parte di me, non so bene, affondare e
sparire in uno stagno di melma scura. C'era anche un caimano
che, con la testa che emergeva dalla melma, assisteva
indifferente alla scena. Gli icari e le visioni intanto
cominciano a veicolare insegnamenti di tipo concettuale. Certe
domande che nella giornata o nei giorni precedenti mi ero posto
trovano, per intuizione interna, una risposta che si incastra
esattamente con la rispettiva domanda. Percepisco per un attimo
la risposta, oserei dire che la vedo, e la riconosco come
corretta e logica. Subito dopo essa entra in un piccolo scrigno
(tipo cofanetto per anelli) incastonato su una parete verticale.
Lo scrigno all' improvviso si chiude e io non vedo e non ricordo
più il suo contenuto.
A questo
seguono insegnamenti su argomenti non legati a nessuna mia
domanda precedente, ma che sono stati scelti direttamente dalla
fonte che me li invia. Anche in questo caso mi rendo conto del
loro elevato valore ma, dopo un attimo, spariscono anch'essi
nello stesso modo di prima. L'unico insegnamento che mi ricordo
è che l'ayahuasca serve anche per ridurre la distanza tra la
nostra cultura occidentale e quella indigena al fine che anche
noi possiamo cogliere appieno i frutti che gli sciamani ci
possono dispensare. Forse serve anche agli stessi Shipibo che si
sono allontanati dalle loro tradizioni. Ma probabilmente non si
limita solo a questo. Intuisco che gli insegnamenti non sono
perduti, ma sono entrati in qualche angolo della mia mente e mi
guideranno nei momenti opportuni. Intuisco che in futuro non
avrò, ai miei occhi e a quelli degli altri, più potere, sapienza
ed altre capacità positive, ma che anche dopo questa esperienza
sarò, tutto sommato, quello di prima, ma con un piccolo tesoro
nascosto da qualche parte. Esso mi potrà essere utile o mi
guiderà senza che io od altri se ne accorga. La cosa mi verrà
confermata da Sonia una volta alla fine della seduta. Il mio
stato è tale che mi accorgo di non percepire quasi per niente il
mio corpo. Mi chiedo più volte se per caso mi sono vomitato
addosso o se quello che mi sembra di sentire al tatto sulla mia
camicia non sia invece fango. Sarebbe imbarazzante una
situazione del genere davanti a tanta gente, ma subito dopo mi
viene da pensare e da dire che non me ne frega un ...... e ci
rido sopra. La stessa cosa si ripete con il sospetto di
essermela fatta addosso. Dapprima grande imbarazzo ma poi, all'
improvviso, qualcosa scatta in me e mi viene da pensare - forse
lo dico anche - che non me ne frega assolutamente niente, la
cosa mi fa ridere (anzi, rido di gusto) e mi lascia del tutto
indifferente, se non soddisfatto. Tanto -penso- sono tra amici
(tutti quelli presenti alla seduta, anche quelli che non
conosco) che mi capiscono e comprendono il mio difficile
momento. Alla fine della seduta tutte queste mie preoccupazioni,
apparentemente così banali ed anche un pò buffe, si sono
rivelate infondate. Nulla del genere mi era successo. Tuttavia,
ho intuito che anche questo ulteriore piccolo dramma personale
faceva parte degli insegnamenti e del programma di ricostruzione
del mio io sopra descritti.
Durante
questa fase finale delle mie allucinazioni, intuisco che tutto
quanto è successo in questa mia vacanza così ricca di
imprevisti, fatiche e delusioni, comprese la mia sfiducia e la
mia irritazione per don Pedro arrivate quel giorno stesso al
loro apice, facevano parte di un programma. In altre parole,
sono stato ripetutamente messo alla prova prima di essere
sottoposto al rito finale di questo che in quel momento ho
capito essere un vero e proprio processo di "Iniziazione".
Inoltre, mi sono reso conto che don Pedro ha voluto darmi una
dimostrazione del fatto che lui non era da meno di don Laurencio
(lo sciamano con cui volevo fare l'ultima seduta con
l'ayahuasca) e che le stesse cose che si attribuiscono a
quest'ultimo, lui le poteva fare anche con maggior forza ed in
modo più drammatico, come per volermi punire per la mia mancanza
di fiducia. Quando credo di essermi ristabilito a sufficienza,
accendo una sigaretta, esco dalla capanna, mi siedo accanto a
Sonia che mi rivolge delle domande e mi confida, ma lo sapevo
già dal giorno precedente, che era un'apprendista sciamana. Mi
spiega anche che il fiore secco e profumato che mi aveva
precedentemente dato era un fiore "sagrado" (sacro)
avuto in dono da suo marito, sciamano anche lui. Vengo poi
chiamato da don Pedro che mi canta un icaro e mi soffia per la
seconda volta l'Agua Florida sul capo e sulle mani e mi dice che
ora sono forte e posso uscire dalla dieta (Nota 2).
Dice anche che ora ho un arcana (una specie di scudo
protettivo) contro i pericoli ed i mali del mondo e che posso
andare tranquillo. Parlando con i miei amici ed alcuni altri fra
i presenti, mi rendo conto che quella sera la seduta è stata
molto forte per tutti coloro che hanno bevuto l'ayahuasca, sia
in positivo che, ancor più, in negativo (in diversi hanno
vomitato o hanno avuto violenti attacchi di diarrea o, ancora,
hanno avuto visioni terrificanti). Nessuno, però, tra quelli che
si sono dichiarati più soddisfatti della loro personale
esperienza, ha riferito d'avere avuto alcunché di simile a
quello che ho sperimentato io. Alle cinque del mattino faccio
ritorno al mio albergo in discrete condizioni di lucidità
mentale e di forze.
Tipologia delle visioni
Le
visioni che ho avuto hanno sempre evidenziato la presenza di
alcune costanti. Non ho notato sostanziali differenze
qualitative delle visioni tra uno sciamano e l' altro ed anche
il loro contenuto, pur essendo variato all'interno di una stessa
seduta, tendeva a ripetere certi temi e schemi fissi.
L'andamento più tipico è così articolato: dopo 20-30 minuti
dall' assunzione dell'ayahuasca, periodo durante il quale mi
metto in uno stato rilassato e di attesa con gli occhi chiusi,
le visioni sono costantemente precedute da alcuni segnali che
anticipano di poco il loro arrivo. In particolare avverto una
sensazione di freddo che mi parte dai piedi e si diffonde a
tutto il corpo. All'improvviso il freddo sparisce per tornare di
nuovo nel giro di pochi minuti. Questa sensazione è accompagnata
da un senso di pressione alla tempia destra, come se qualcuno vi
premesse sopra con un dito. Entrambe le sensazioni inizialmente
vanno e vengono e, ad ogni loro ritorno, appaiono più intense
delle volte precedenti. La pressione alla tempia può, in alcuni
casi, estendersi a più ampie aree della testa. E' nel corso di
questa fase che le visioni arrivano, in modo impetuoso ed
improvviso. All'inizio si presentano ad ondate, rimangono un po'
per poi sparire. Nei casi in cui l'effetto dell'ayahuasca è
particolarmente intenso, esse possono durare a lungo, anche
alcune ore ed hanno come sfondo una rete a maglie piuttosto
fini. La loro forza d'impatto e la loro intensità sembrano
aumentate notevolmente dagli icari degli sciamani, come
se questi fossero in grado di canalizzarle e focalizzarle
all'interno della mente dei partecipanti. Di solito sono
costituite da immagini geometriche dai mille colori che si
trasformano in altre immagini simili ad una velocità
vertiginosa. Non sono mai ferme ed è difficile descriverle
adeguatamente perché di solito non hanno alcun riscontro con
alcunché di reale e di definito (immagini caleidoscopiche). A
volte si presentano come una miriade di luci colorate che si
accendono e si spengono cambiando di colore. In questo caso mi
ricordano quelle di un Luna Park, anzi mi sembra proprio di
essere in un Luna Park.
Altre
volte sembrano animaletti o pupazzi tratti dai cartoni animati
per i più piccini. Più spesso mi ricordano motivi decorativi
geometrici degli Indiani del Nord e del Sud America, sempre
senza una forma ed un significato precisi. Più raramente,
insieme ad esse, ho la sensazione di immergermi nella giungla,
sommerso dalla sua esuberante vegetazione. In almeno un paio di
esperienze ho notato particolari enormemente ingranditi di
oggetti comuni (una spalliera di una sedia, una penna biro,
parti del corpo di insetti, etc.). In questa nuova prospettiva
mi sembrava di entrare in un mondo nuovo, ancora inesplorato, in
cui i più minuti particolari si animavano ed acquisivano una
ricchezza straordinaria di forme e di colori. Era come se mi
fossi trasformato in un microbo così da poter vedere con nuovi
occhi una realtà che a noi, esseri macroscopici, è preclusa.
Era, in definitiva, come entrare in una nuova dimensione
esistenziale. Talvolta i colori apparivano così evidenti da
sembrare di possedere una consistenza solida. Ma queste
descrizioni colgono solo parzialmente il modo di percepire le
visioni. Il vedere era fuso al pensare anzi, ad un modo nuovo di
pensare e di vivere le cose che mi comparivano d'innanzi. In
definitiva, non erano solo immagini, ma molto di più. In una
occasione in particolare (una delle prime volte con don Pedro
ma, in misura molto minore, è successo anche con un altro
sciamano), le visioni hanno lasciato il posto, o si sono
accompagnate, a modificazioni della mia percezione sensoriale.
C'è è stato un momento in cui ho sentito una parte di me
sollevata di alcuni centimetri dal corpo. Mi sembrava che questa
parte corrispondesse alla mia mente, almeno a quella che in
qualche misura ragionava e percepiva queste sensazioni. Anche
l'intensità delle mie percezioni tattili e dolorifiche
oscillavano vistosamente. A tratti mi sentivo leggero o come
adagiato su di un comodo materassino che non mi faceva sentire
eccessivamente le asperità del terreno su cui ero disteso. Altre
volte il mio contatto con il terreno era doloroso, molto più del
normale. Sentivo il mio corpo pesantissimo che si schiacciava,
sotto il proprio peso, contro il suolo. Se poi tenevo una mano
lievemente appoggiata sul collo, all'improvviso ne sentivo forte
la pesantezza e quasi si sembrava di soffocare; se invece la
mano era appoggiata sul petto, la percepivo pesantissima al
punto di provare dolore e di non riuscire a respirare. In altri
momenti, se avevo necessità di grattarmi, lo dovevo fare con
grande forza, altrimenti non sentivo il contatto e la pressione
delle dita. Anche la coperta che mi serviva a proteggermi dai
momenti di freddo, talvolta la sentivo pesantissima sul mio
corpo ed ero costretto a liberarmene. Mi sono reso conto che,
come regola, non dovevo avere nulla che appoggiasse sulla parte
del mio corpo al di sopra della cintola. Nella medesima
occasione la mia attività mentale ha incontrato un grosso ed
inaspettato ostacolo. Nel formulare un pensiero qualsiasi notavo
un sensibile ritardo tra la decisione di pensare a qualche cosa
e vedere quel qualche cosa che si concretizzava in pensiero.
Normalmente i due processi sono pressoché contemporanei, ma in
quell'occasione, tra il decidere di pensare a qualche cosa e
pensarlo effettivamente, il tempo intercorrente si dilatava in
modo innaturale. Questo inconsueto sfasamento mi disorientava e
non mi permetteva di dar forma a pensieri anche non
particolarmente complessi.
Il mio
atteggiamento mentale ed emotivo nei confronti delle visioni è
stato duplice, probabilmente perché rifletteva la minore o
maggiore intensità dell' azione dell'ayahuasca. Spesso
mi sentivo come un semplice spettatore che osservava, sempre ad
occhi chiusi, le diverse visioni che si succedevano davanti allo
schermo della sua mente. Erano percepite, pertanto, come
qualcosa prodotto da qualche agente esterno e che non mi
riguardavano direttamente. Il mio coinvolgimento emotivo era
scarso o nullo, spesso perfino pieno di delusione e di noia per
il fatto che non vi riconoscevo alcun significato ed importanza.
Non ero quasi mai soddisfatto da questo tipo di visione. In
altre circostanze, più rare, le cose erano completamente
diverse. Ero come rapito, immerso o trascinato dalle visioni. La
mia coscienza spesso veniva quasi annullata, mi sentivo un
tutt'uno con le visioni, non più uno spettatore inerte ed
indifferente. Non esisteva più nulla al di fuori del connubio
fatto da me e dalle visioni, mentre il mondo esterno non
esisteva più. La mia coscienza, o quel poco che rimaneva, era
leggera e trasparente, impalpabile, a volte inconsistente e
seguiva, adeguandosi perfettamente, l'andare e venire ciclico
delle visioni. Talvolta, per intuizione (non trovo altra
definizione migliore) capisco che le visioni sono in qualche
modo l'espressione visiva di un lavoro minuzioso di forgiatura
(più volte mi si presenta alla mente questo termine quando cerco
di decifrare il senso delle visioni). Forgiatura di qualcosa di
interno (l'io?), come se avvenisse dentro di me un modellamento
ed una correzione di una struttura che deve essere modificata o
ricostruita secondo nuove regole. A volte le visioni quasi si
fermano ed entrano in uno stato di intensa e finissima
vibrazione accompagnate da una specie di sibilo molto acuto,
leggero e penetrante. Capisco che in quei momenti la forgiatura
diventa cesello. Sono momenti che percepisco essere molto
importanti per la trasformazione profonda e sottile del mio io o
di qualcosa di correlabile ad esso. Ogni volta ho percepito
questi attimi come quelli rappresentativi della fase più
profonda e pregnante dell' esperienza. Spesso, in questi
momenti, la rete che costantemente fa da sfondo alle visioni,
entra anch'essa in vibrazione, per poi avvicinarsi lentamente a
me sino ad avvolgermi. Fabio mi ha detto che anche lui ha
vissuto questa situazione ed ha aggiunto che se si riesce a
saltare al di là della rete, si entra in un altro livello
esperienziale molto più pregnante e ricco di contenuti. Del mio
"rapporto" con don Pedro ho già trattato. Alcune volte ho
intuito che nelle visioni, o nascosto dietro ad esse, ci fosse
qualcosa di vivo ed intelligente, anche se indefinito, con una
propria consistenza fisica, che era lì perché aveva un compito
da svolgere che forse mi riguardava.
Conclusioni
Questa è
solo una breve relazione di un'esperienza assai complessa durata
diverse ore e che, da una grossolana valutazione, credo di
ricordare solo per il 20-30 per cento. Vorrei puntualizzare che
l'intero processo si può compendiare in alcune significative
fasi, di cui le principali sono: quella delle visioni; quella
della solitudine; quella della paura che si tramuta in terrore
panico; quella dell'incontro con la morte; e quella degli
insegnamenti. Nel complesso, l' intero processo sembra
corrispondere molto da vicino, se non coincidere, con un vero e
completo processo di iniziazione. I significati ed i messaggi
contenuti in queste varie fasi sono stati recepiti da me per
intuizione (non saprei trovare un termine più adeguato), anche
se spesso essi erano accompagnati o completati da una componente
visiva molto intensa e vivace. Ho anche intuito, verso il
termine della seduta, che tutto quanto era successo era stato
voluto e condizionato dallo sciamano che aveva scelto il tempo
ed i modi più opportuni per condurmi sino a quel punto, per poi
istruirmi secondo un preciso programma. E tutto questo trovò una
piena realizzazione proprio quando avevo deciso di abbandonare
ogni cosa e tornarmene a casa. Questa esperienza, sia per i
contenuti che per le modalità con cui si è svolta, è stata
veramente impressionante e complessa e, a mio parere, ben al di
là delle mie capacità creative ed immaginative. Non ho mai
assunto prima di allora droghe di alcun genere e ritengo di
avere sempre dimostrato una condotta sufficientemente critica e
razionale. Ora mi accorgo di avere un atteggiamento ambivalente
verso il significato di questa mia esperienza. Da una parte
sento ancora molto forte il convincimento che don Pedro sia
stato la causa ed il regista di tutto. In altre parole, egli
avrebbe agito su di me per via forse paranormale sottoponendomi
a numerose e difficili prove preliminari prima di permettermi di
affrontare la prova finale, quella dell'iniziazione. Infatti,
una mia impressione raggiunta durante le fasi finali di quella
seduta è stata che queste prove coincidessero con le numerose
traversie e delusioni che hanno costantemente caratterizzato la
mia permanenza in Perù sino a quel momento oltre, naturalmente,
alle difficilissime situazioni che ho dovuto superare durante
quell'ultima seduta. Si tratta di un' interpretazione
coincidente con la visione sciamanica delle popolazioni
amazzoniche e che fa risalire ogni trasformazione interiore a
forze e ad entità esterne all'individuo che le vive.
Naturalmente, all'interpretazione strettamente
sciamanico-iniziatica che si può attribuire a questa mia
esperienza, se ne può contrapporre un'altra molto più razionale.
Ovvero, che io abbia soggettivamente raggiunto un livello molto
profondo e nascosto della mia psiche. Infatti, è opinione
largamente diffusa ed accettata che, entro le inesplorate
profondità del subconscio, esista un' area di consapevolezza
superiore che solo molto di rado raggiunge il livello conscio.
Grazie all'effetto dell'ayahuasca ed al particolare
contesto rituale in cui mi trovavo, mi è stato possibile
rimuovere gli ostacoli tra me e questa misteriosa dimensione e
raggiungerne in modo molto selettivo e chiaro i contenuti. In
questo caso don Pedro, da vero psicoterapeuta, con un opportuno
rituale e tecniche appropriate, avrebbe favorito la mia discesa
entro quella inesplorata realtà, senza essere però lui a
determinarla concretamente. Solo da quella realtà interiore, e
non da don Pedro o dallo spirito dell' ayahuasca, avrei
ricevuto gli insegnamenti di cui ho riferito.
Infine,
ci può essere un'altra logica spiegazione dei fatti: che l'
intero processo iniziatico sia derivato interamente da processi
legati alla mia mente ed alla mia immaginazione. Una sorta di
sogno allucinatorio con caratteri psicotici. La mia
immaginazione, per un complesso processo inconscio favorito
dalla droga, avrebbe prodotto allucinatoriamente questa
iniziazione facendomela apparire come reale. Tutto questo in
risposta a mie personali e molto particolari istanze ed
aspettative più o meno consapevoli.
Quest'ultima interpretazione è quella che sento a me più
lontana, in quanto i sentimenti provati durante la seduta mi
sembrano completamente estranei ad essa. Ma forse, come mi hanno
consigliato alcuni amici, è del tutto inutile volere trovare
un'interpretazione ad ogni costo. L'importante, secondo loro, è
avere vissuto di persona questa esperienza che è unica e
probabilmente fondamentale per quel processo di recupero delle
proprie potenzialità che il più delle volte è impossibile
realizzare con le nostre sole forze
Ora, dopo
diversi mesi da allora, sento di essere sempre lo stesso di
prima e che nulla è cambiato in me in maniera evidente. O forse
credo che sia così. Mi dispiace che le parole, che così
faticosamente riesco a raccogliere per comporre questo racconto,
non possano esprimere compiutamente ciò che ricordo di quella
seduta. I miei ricordi dei particolari di questa esperienza non
sono legati a parole, a discorsi o a fatti consueti facilmente
descrivibili con i normali mezzi comunicativi. Essi, al
contrario, sono fatti di pensieri che non si possono pensare, di
immagini chiare ma fugaci, di sentimenti e di intuizioni mai
provati prima. Bisognerebbe inventare un linguaggio nuovo per
riferire in modo soddisfacente i contenuti delle esperienze di
questo genere. Anche se mi è difficile comunicarlo, ora so, o
credo di sapere, come l'ayahuasca opera e come può
dispensarci i suoi insegnamenti. Anche se a volte mi viene da
pensare di avere vissuto un fantastico sogno che con il tempo
lentamente si scolora, un mio intimo sentimento mi suggerisce
che, con quell' esperienza, mi è stata indicata una strada e che
dipende solo da me se seguirla o meno.
Note
-
A
chi desiderasse maggiori informazioni riguardo l'ayahuasca
ed il contesto sciamanico in cui viene impiegata, si
consigliano le seguenti letture:
-
Andritzky, W.: (1989) Sociopsychotherapeutic
functions of Ayahuasca healing in Amazonia. J.
Psychoactive Drugs, 21(1), 77-89.
-
Bianchi, A.: I mistici del vegetale: Piante
psicotrope e stati alterati di coscienza nella selva
amazzonica. Quaderni di Parapsicologia, 25, 43-58,
1994.
-
Bianchi, A. : Gli allievi delle piante maestro.
I Fogli di Oriss, n. 3, 81-96, 1995.
-
Cardenas, C.: Los Unaya y su mundo. CAAP-IIP,
1989. Lima.
-
Dobkin de Rios, M.: A modern-day shamanistic healer
in the Peruvian Amazon: Pharmacopoeia and Trance.
J. Psychoactive Drugs, 21, 91-99, 1989.
-
Harner, M.: La via dello sciamano. Ed.
Mediterranee 1995.
-
McKenna, T.: Il nutrimento degli dei. URRA,
Apogeo 1995.
Significativi, per alcune strette somiglianze con la mia
esperienza, sono i resoconti tratti dai seguenti
articoli:
-
Samorini, G.: L' iniziazione alla religione Buiti.
Metapsichica, Numero Unico, 19-25, 1994.
-
Slotkin, J.S.: La via del peyote. Luce e Ombra,
Anno 60, N. 3, 161-168, 1960.
-
La
dieta è un tipo di regime alimentare e di
comportamento richiesto a chi si accinge a fare sedute con
l' ayahuasca. In particolare essa è richiesta agli
aspiranti sciamani per i quali può durare da alcuni mesi ad
un anno o più. Noi stessi dovevamo conformarci ad un regime
alimentare piuttosto stretto evitando di mangiare e di bere
una ampia varietà di cose. In particolare, il giorno in cui
dovevamo bere l'ayahuasca, dovevamo digiunare.
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